Sunday, June 19, 2005

Viva V.E.R.D.I.

Tradizionale gita all'Arena di Verona e tradizionale bagno nella musica lirica verdiana - un Nabucco ovviamente proporzionato alla vastità del palcoscenico scaligero - decine di figuranti e comparse, cori colossali e qualche trovata scenografica un po' sopra le righe.

E attraverso l'intera serata un certo disagio per non apprezzare poi fino in fondo lo spettacolo: eppure un ottimo basso (Leo Nucci) interpreta Nabucco e un'altrettanto valida (oltre che dotata del vero physique du role) soprano (Susan Neves) interpreta Abigaille.

Forse mi disturba la prevedibilità con la quale Vjekoslav Sutej ripete Va' pensiero quasi senza che ci sia bisogno di una pressante richiesta dal pubblico, ma sta di fatto che mi sono rimaste diverse riserve - sicuramente alcune causate dalla mia limitata padronanza della materia.

In primo luogo, l'azione scenica: ma insomma, siamo a metà ottocento e la parte teatrale di quest'opera mi sembra primitiva: entra Tizio, si presente a centro palcoscenico, canta la sua storia, e se ne va; entra Caio e si ricomincia.

Ogni tanto (ma tanto davvero) un duetto o un quartetto che adombrano uno sviluppo di dialogo tra i personaggi ma, se pensiamo all'opera lirica nel sei-settecento, mi sembra si siano fatti enormi passi INDIETRO. Certo, Mozart era costretto a separare le scene con recitativi secchi, mentre Verdi riesce a tessere un'unica tela di musica dall'inizio alla fine, ma i recitativi mozartiani erano quasi sempre dialoghi con il pubblico o tra i personaggi - intimamente connessi all'azione scenica che - quella sì - non cessava mai di svilupparsi.

Per non parlare dei due cambi scena - per carità, so bene che all'Arena questi esercizi sono sempre alquanto faticosi per le dimensioni delle scenografie, ma ad esempio lo scenografo della Carmen era riuscito a realizzare cambi scena assai più fluidi.

Neanche le luci mi sono sembrate perfette - la ricerca c'era, ma è come se si fosse fermata a tre quarti del lavoro: i diavoli dovrebbero vedersi come silhouettes nei boccascena, ma i fari dietro di essi risultano puntati a caso; oppure la pioggia di coriandoli rossi all'inizio del terzo atto dovrebbe essere valorizzata da un faro rosso che li faccia luccicare che forse è stato dimenticato, oppure ancora i diavoli che sbarrano gli ingressi in basso sono completamente al buio e invisibili.

E due ultimi pensieri critici proprio al coro dei lombardi - già si tratta di un pezzo piuttosto banale seppur popolarissimo, ma c'è proprio bisogno di schierare cinquanta elementi di coro in fila e farli rimanere immobili, impalati, schierati a parata ?

E se si vuole usare l'emiciclo posteriore per comporre delle figure con la luce (a me è sembrato un candelabro a sette bracci, ma non ne sono neppure sicuro) facciamolo per bene, curando l'allineamento dei figuranti.

Insomma, di austriaci a Milano non ce nè più, mi domando se con essi non sia sparito un po' del valore di quest'opera !!

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